Invecchiare insieme con consapevolezza e saggezza è possibile
Premessa: poche settimane fa è uscito il libro di Beppe Severgnini, giornalista e scrittore, proprio su questo argomento, perciò mi sento sollevata, posso scrivere qui nel blog quanto avevo messo insieme in una prima stesura senza troppe pretese, confidando nella comprensione dei miei due affezionati lettori.
Introduzione
Avrei voluto intitolare questo libro “L’arte di invecchiare”, ma era ambizioso, mi richiamava alla mente un’opera classica, il De Senectute, o meglio “Cato Maior De Senectute”, scritta da Marco Tullio Cicerone, grande filosofo latino, retore, politico e molto altro, nel 44 a.C. Sono consapevole che un’alta percentuale di coloro che stanno rivolgendo lo sguardo al mio manuale ricorda appena Cicerone, lontana reminiscenza degli anni di scuola, e ben poco le sue opere, perciò vado tranquilla. Del resto si sa che non c’è niente di nuovo sotto il sole.
Scrivo di un argomento che conosco bene, perché lo sperimento ogni giorno.
Da giovane, sono stata una buona insegnante, tuttavia in tempi più recenti mi sono resa conto che la scala dei valori, su cui ho lavorato per decenni con i miei alunni, oggi è sottosopra. Sono qui per provare a rimettere le cose al loro posto al fine di progredire individualmente (per la mia e la vostra crescita personale) e globalmente (sogno un mondo in cui pace e benessere siano alla portata di tutti. Sognare non costa e fa bene).
Ho lavorato nella scuola media inferiore e superiore per vocazione e per scelta: ho amato la mia prof di lettere e il suo lavoro fin dai primi giorni in cui ci siamo incontrate e ringrazio Dio che al mio paese ci fosse la scuola media anziché il triennio di avviamento al lavoro di indirizzo agricolo, commerciale o altro, perché sono entrata presto in contatto con il latino, con le favole di Fedro e le pagine di Cesare, che ho trovato subito stimolanti dal momento che non mi sono mai piaciuti i compiti facili, nemmeno a scuola.
Credo di essere stata un’insegnante molto amata, almeno agli inizi degli anni Ottanta, quando, dopo aver fatto le prime esperienze un po’ improvvisate, ho scelto di spostarmi a Casale Monferrato, città che mi era del tutto sconosciuta, in quella che sarebbe diventata la scuola del cuore, anche se ancora non lo sapevo. E a Casale ho lasciato il cuore. Una scelta difficile, ma necessaria. Avevo famiglia e dovevo occuparmene. All’epoca il mio senso del dovere era molto forte. Non avrei fatto un giorno di malattia, se non per motivi eccezionali. I miei malanni erano causati quasi esclusivamente dalle attese alla stazione durante i freddi mesi invernali, quindi mi ritrovavo talvolta ad affrontare la classe essendo quasi completamente afona. Avevo imparato a non alzare la voce per costringere i ragazzi a fare silenzio. Parlavo piano e lo faccio ancora oggi, con qualche problema di incomprensione di coppia. Mio marito è sordo quel tanto che basta per ignorarmi. Lo so, dopo tanti anni di pensione, con lui ancora provo a fare l’insegnante e sono, a dir poco, logorante. Tuttavia ricordo di aver letto, in un libro di Antony de Mello, un capitolo in cui era tratteggiata l’evoluzione che mi sarebbe toccata nel corso della maturazione e del passaggio ad una saggia vecchiaia: avrei potuto evolvere in Consigliera. Per un po’ ho creduto che mi sarebbe toccata una di quelle rubriche, su una rivista, cui i lettori, prevalentemente donne, si rivolgono per chiedere consiglio circa una situazione brevemente descritta. Per prepararmi, ho iniziato ad ampliare le mie conoscenze di psicologia che ritenevo avrei applicato agli adulti, mentre i miei corsi di aggiornamento precedentemente erano stati psicopedagogici. Mi si è aperto un mondo, perché ho scoperto centinaia di possibili percorsi verso la felicità. Dalla Medicina tradizionale cinese, per citarne uno, ho imparato, per esempio, a mettere in relazione organi ed emozioni. Uno dei miei figli un giorno mi ha dato del voltagabbana poiché passavo da un autore all’altro, ma io conservo tutto di tutti, ho cercato di cogliere il meglio da ciascuno e ritengo che un bagaglio ricco possa consentire di attingere ad esso per costruire un percorso individuale, come ho cercato di fare sempre anche a scuola. Ognuno ha i suoi talenti e non si può pretendere che tutti gli alunni di una classe apprendano allo stesso modo il medesimo capitolo di storia. Non si può valutare l’apprendimento con lo stesso metro per tutti i ragazzi senza valorizzare le differenze. Ma questa è una pagina da girare senza soffermarsi troppo per non cercarsi rogne.
In ogni modo ho creduto che l’uomo avrebbe cercato di risolvere i problemi internazionali con conferenze attorno ad un tavolo. Sottolineo che attorno al tavolo ci si doveva e ci si deve sedere per dialogare e non per mangiare. Questo ho cercato di trasmettere attraverso la lettura delle poesie di Brecht, Ungaretti, Quasimodo…e le pagine di romanzi e documenti. Ritengo di essere stata sufficientemente persuasiva. Mi avvalevo della proiezione di film per suscitare emozioni di sdegno, orrore, disprezzo…e perdono. Sono letteralmente cascata dalle nuvole quando ho sentito parlare di guerra contro la Russia, di aiuti all’Ucraina, di invio di armi. Nel periodo post Covid, poi, quando a causa dell’inflazione i prezzi stavano lievitando e si chiedeva alla gente comune di fare sacrifici, di stare al freddo. Siamo impazziti? ho pensato. Gli interessi economici oggi guidano la politica, arricchirsi ad ogni costo e mettere le mani sulle risorse, a chiunque appartengano, è obiettivo sufficiente per calpestare ciò cui, più di ogni altra cosa, dovremmo aspirare: stare bene, vivere in pace, coltivare relazioni che arricchiscano, praticare il rispetto, essere grati. Invece ho visto che, dopo esserci abituati a questa guerra, poco più in là se ne è intrapresa un’altra. Ci sono stati schieramenti a favore e contro, ma la guerra ha continuato a mietere vittime.
Da anni ormai incasso delusioni, per cui, stanca di vedere immagini e sentire discorsi sempre uguali, aventi l’unico scopo - ribadisco: secondo me - di indottrinare le persone, sono diventata sempre più “complottista”. Cosa significa? Semplicemente penso che l’uomo sia dotato di un cervello, di un cuore e di altri organi non per portarli in giro, ma per usarli e fare delle scelte. Pensare con la propria testa, cercare e trovare soluzioni ai problemi che quotidianamente ci si presentano, dovrebbe essere obiettivo prioritario per l’uomo, mentre mi sembra risulti sempre più diffusa la pessima abitudine di agire senza aver prima ponderato, seguendo semplicemente indicazioni che spesso arrivano dalla pubblicità. Ma non eravamo tutti d’accordo che la pubblicità ha come unico scopo quello di vendere un prodotto? Ci facciamo incantare da tutto ciò che viene presentato come nuovo e indispensabile, anche se non ci serve. Abbiamo risorse che neppure conosciamo e lasciamo lì dormienti, per puntare su altre il cui principale scopo è chiaramente di arricchire qualcuno. Abbiamo perso l’orientamento. Navighiamo sballottati dalle onde senza sapere in che direzione stiamo andando, crogiolandoci nella sensazione di confort ricavata da oggetti che cambiamo continuamente, cui aggiungiamo di volta in volta colori, dettagli, suoni, che alla fine coprono il bello. Per fortuna c’è anche la tendenza opposta, ma è silenziosa, non è ancora pronta a manifestarsi.
Ecco che mi sono ritrovata a scrivere, o meglio a decidere di farlo, l’ennesimo libro di consigli per coloro che si rendono conto, procedendo nel loro percorso, di avere incertezze, di avere dubbi: col passare degli anni, se non ho fatto la scelta giusta, posso tornare sui miei passi? Posso cambiare in modo da essere più soddisfatto di me e del mio percorso? Ma se ci sono centinaia di libri di auto aiuto, guide al ben essere fisico e mentale, perché scriverne un altro? Perché dall’altra parte ci sono io: questo libro è interattivo. Possiamo interagire, collaborare, almeno fino a quando l’età me lo concederà. Nessuno sa quando verrà il momento di lasciare il corpo che ha permesso di sperimentare e di imparare, quindi non posso fare promesse. Però nel mio piccolo potrò essere la consigliera cui aspiravo.
Tornando all’arte di invecchiare, si può ancora usare la parola vecchiaia, con tutti i suoi derivati, compreso il temibile aggettivo vecchio? Dire anziano, secondo voi, è meglio? Entrambi gli aggettivi dovrebbero suscitare un senso di profondo rispetto nei confronti di chi ha vissuto una vita lunga e ha quindi combattuto le sue battaglie. Cicerone immaginò che Catone, protagonista del dialogo, avesse più di ottant’anni e vivesse con dignità e serenità la sua vecchiaia. Chi mai ascolterebbe oggi un ottuagenario, che non sia investito di un’alta carica? Questo intendo quando parlo di valori che si sono persi, sostituiti da falsi principi, da pseudo qualità o da inutili talenti.
Per rimettere a posto la scala di valori oggi sovvertita, almeno in parte – e concediamo anche che possa essere diversa da persona a persona, visto che non possiamo e non dobbiamo pensarla tutti allo stesso modo –, direi di procedere step by step, cioè un passo alla volta. Uno step corrisponde almeno ad una settimana, perché sarebbe troppo noioso se prolungato e troppo breve qualora non permettesse di consolidare la nuova abitudine su cui stiamo lavorando. Tuttavia ciascuno ha diritto di prendersi i suoi tempi, perciò fate voi, tenete un taccuino, prendete nota, ma non perdetevi! Dobbiamo concludere il nostro percorso e camminare verso una vecchiaia ricca di saggezza ed autonomia.
SMETTIAMO DI LAMENTARCI
Quante volte abbiamo sentito dire che i vecchi non fanno che lamentarsi? È ora di abbattere questo luogo comune smettendo di farlo. Questo step apparentemente è molto semplice, ma ci dimentichiamo proprio delle cose semplici perché non destano preoccupazione e non risvegliano la nostra attenzione in caso di dimenticanza. Non c’è nessun allarme nella nostra testa. Dobbiamo inventarcene uno.
Nel momento presente, ORA, è facile: basta tenere ferma l’attenzione sul proposito DEVO SMETTERE DI LAMENTARMI e, anche se indubbiamente la lamentela scappa, posso recitare un “accidenti a me, devo smettere di lamentarmi e ci sono ricascato”. RISATA > per non abbassare le frequenze con le lamentele e per sostenerle con la risata. Se qualcuno ritenesse di non essere una di quelle persone che si lamentano spesso, consiglio un’attenta auto osservazione ed eventuale annotazione di: che tempo di merda, anche oggi l’autobus è in ritardo, i miei capelli fanno schifo, questo film è già stato trasmesso decine di volte ecc ecc
A proposito di vibrazioni e frequenze, ci sono centinaia di libri che parlano di energia, dell’energia che circola e sostiene il mondo, fisico e non, di come tutto sia vibrazione e di come le frequenze possano essere alte o basse nel loro continuo modulare… quindi potete fidarvi, oppure leggere qualcosa sull’argomento.
In alternativa, più semplicemente, guardatevi dentro e fuori: vi sentite in forma? Vi piace il vostro aspetto? Provate emozioni positive? Siete carichi? In tal caso non vi passa neppure per la testa di lamentarvi! Al contrario: vi sentite abbacchiati, stanchi, fusi, inconcludenti, pigri, senza alcuna voglia di fare, avete la netta sensazione che la vostra energia sia bassissima, siete scarichi e cercate nell’immediato un caffè o qualsiasi cosa possa tirarvi su (ognuno sa che cosa gli serve o gli servirebbe, quindi, se è lecito e fattibile, vi fa ricorso). Ripeto: è una questione di energia.
Quando ridete di gusto o ironizzate persino sulle condizioni che vi appaiono catastrofiche, nel quotidiano s’intende, la vostra energia gode di quel momento di buonumore e si trasforma in una carica innescando un processo ascendente: siete in grado di ridere di voi stessi e degli altri senza alcuna cattiveria, constatando semplicemente che “c’est la vie”: la vita certe volte ci dà davvero del filo da torcere, infila una sfida dietro l’altra, ma ci premia anche con altrettanta generosità. Sorridendo migliorate il vostro aspetto fisico, diventate più attraenti agli occhi di tutti coloro con cui venite a contatto, non spendete perché un sorriso non costa niente, ma, ancor meglio, se riuscite ad ironizzare fate ridere anche gli altri, aumentando in modo esponenziale l’energia attorno a voi. Avrete sentito parlare dello yoga della risata? Funziona! E comunque vedete come i bambini, lasciati liberi di esprimere le loro emozioni, corrono felici? Non vi siete mai stupiti della gioia che brilla negli occhi dei bimbi che vivono in paesi poveri, non hanno giochi e giocattoli, ma corrono saltellando incontro all’ospite per dargli, a modo loro, il benvenuto? Sono ancora capaci, i nostri bambini, di esprimere tanta gioia? Quando siamo bambini, essere felici è il nostro scopo, tutti i mezzi sono buoni, ma crescendo via via ce ne dimentichiamo. Perché mai? Serve uno sforzo per recuperare quella felicità così intensa, che si riaccende dopo ogni dramma. Del resto anche i bambini vivono i loro drammi, ma si rialzano. A meno che… e qui entra in ballo l’educazione alla serietà, a non prendere gli impegni - la scuola, ad esempio - con leggerezza. Addirittura la parola leggerezza sembra sparita dall’uso quotidiano perché l’aggettivo leggero, leggera, aveva assunto una connotazione negativa, cosicché nessuno tollerava che gli si applicasse. Meno che mai ai figli. Anche la leggerezza è da recuperare: quanto siamo diventati pesanti! Pesanti, noiosi, pedanti…e abbiamo perso il sorriso. So che ci sono profonde differenze tra gruppi etnici, popoli, gente del nord, gente del sud… ma coloro che amano ridere e scherzare in compagnia non hanno certo bisogno del mio libro. Almeno non di tutti i capitoli.
Potremmo anche recitare “smettiamo di lamentarci” come se fosse un mantra, così ci faremmo a vicenda un grosso piacere ricordandocelo l’un l’altro.
Ed ora, se avete letto fino a questo punto senza lamentarvi, complimenti, siete sulla strada giusta. Se vi è scappato di brontolare sommessamente nei miei confronti, c’è da lavorare ancora un po’.
Quindi ecco un altro esercizio: proviamo a sostituire l’oggetto della lamentela con un oggetto amato, benvoluto, apprezzato. Può trattarsi anche di una persona, così sarà più facile esprimere lodi di ammirazione. Un bell’uomo, una bella donna, un animale che ci piace, un piatto di pasta ben cucinato… possono oscurare ciò che non ci piace: il brutto tempo, i politici inaffidabili, l’aumento dei prezzi, persino l’effetto collaterale di un farmaco.
Questo potrebbe essere un esercizio quotidiano, ma possiamo individuarne altri siccome questo libro diventerà interattivo. Fatemi sapere… Come? Per ora mi viene in mente solo una possibilità: scriviamo su questo blog, che lascerà spazio a tutto fuorché agli insulti. Qualsiasi frase ritenuta offensiva verrà censurata.
Potrebbe essere utile annotare – qualora vi accorgeste che qualcosa in particolare vi induce a lamentarvi e a brontolare (ma qualcuno potrebbe avere reazioni anche più forti e meno educate) – le frasi che ripetete più spesso. So che scrivere le lamentele su un diario è bruttissimo e potrebbe persino essere nocivo, ma potreste dimenticarle e perdere un’opportunità per lasciarle andare, liberarvene; insomma, l’unico consiglio che mi sento di dare è di camuffare queste frasi come se fossero fumetti: basta un disegnino, una cornice… usate la vostra fantasia per abbellire. In un film abbastanza recente (L’ultima settimana di settembre) Diego Abatantuono annota su di un taccuino tutto quello che “odia”, quello o quelli che proprio non sopporta. Ne viene fuori un elenco molto divertente.
“Se stai per lamentarti, criticare o spettegolare, accorgiti in tempo e fermati! La stessa cosa vale quando senti sorgere pensieri di questa stessa natura, stroncali sul nascere. Sii presente, attento, consapevole di ciò che fai con la testa. Ogni pensiero a cui permetti di vivere in te darà frutto, cosa vuoi raccogliere? Se ti lamenti raccoglierai cose per cui lamentarti, se amerai raccoglierai la Vita.” (Cristiano Mocciola, Dall’inconscio alla realtà)
Col passare degli anni il tempo libero aumenta, alcuni lo riempiono passando ore davanti alla tv, specialmente in inverno, e i momenti di solitudine ci spingono a porre l’accento su quegli aspetti della nostra esistenza che ci piacciono meno. Ebbene dobbiamo essere consapevoli che possiamo passare all’azione: in primo luogo spegniamo il televisore (quando è spento possiamo guardarlo finché vogliamo! non è una mia battuta, lo confesso) oppure cerchiamo quei canali che trasmettono esclusivamente musica. Ce ne sono tanti e pian piano dovremo capire quale trasmette la musica che ci piace. Partiamo dal presupposto che i suoni risuonano con noi, con le nostre vibrazioni, sono in grado di alzarle ed abbassarle. Una volta che ci saremo chiariti le idee potremo chiedere ad un giovane – parente o vicino che sia – di farci una cassetta, un cd, di procurarci insomma un lettore e una raccolta musicale che sia nelle nostre corde. Gli regaleremo qualcosa in cambio. Una mancia è sempre gradita. E noi guadagneremo in salute. Perché vi sembrerà impossibile, ma ci si ammala anche risuonando con determinate frequenze. Ascoltare musica e ballare, saltare - pensate alla tarantella - fino allo sfinimento, è stato fin dai tempi antichi un ottimo rimedio alla solitudine. Ed ecco le danze tribali, nonché i riti sciamanici.
Col televisore spento il tempo vuoto è ancora aumentato, ma avrete modo di riempirlo portando a termine i vostri nuovi compiti. Ricordate che imparando cose nuove, svolgendo nuove attività, tornerete un po’ sui banchi di scuola e la vostra mente, impegnandosi, lascerà perdere i cattivi pensieri. Provate.
SIAMO GRATI
Il secondo step consiste nell’alzare gli occhi al cielo, soffermarsi a lungo ad osservarlo a 360°, poi, in particolare, se possibile, sopra la nostra testa. Osservarlo e basta, senza accennare a qualsivoglia giudizio perché magari è grigio, troppo grigio, nuvoloso, perché forse piove o ci troviamo di fronte ad un evento atmosferico sgradito, naturale o artificiale che sia. Osservare il cielo e basta, senza giudizio. Lo so, l’ho già detto, ma se scappa uno sguardo corrucciato, un “uffa”, “di nuovo”, “ancora”… state giudicando, perciò correggetevi ridendo della vostra incapacità di guardare il cielo e basta.
Quando vi guardate attorno, o meglio ancora quando guardate per terra, prestate attenzione a dove mettete i piedi, vero? Ecco, questa è una forma di “meditazione camminata”: siete ben concentrati a non inciampare, a mantenere il ritmo della corsa o della camminata più o meno veloce che state facendo, a prendere coscienza dei vostri passi, di come i vostri piedi, alternativamente, toccano il terreno, con leggerezza, ma anche con stabilità. Nessun giudizio. Lo stesso dovrete fare quando richiesto. Concentrazione.
“Dove poni l’attenzione, lì fluisce la tua energia, dove poni l’attenzione prima di dormire, lì inizia il mondo che stai scegliendo di manifestare. Non subire il tuo futuro, crealo. Ciò che sentì già tuo è ciò che avrai.” ( Cristiano Mocciola, Dall’inconscio alla realtà )
Portare l’attenzione su ciò che stiamo facendo, dicevo prima, è una forma di meditazione e ci torna utile per imparare a scegliere i nostri pensieri, perché, se impariamo a scegliere pensieri che ci fanno star bene e ad eliminare quelli che ci procurano malessere, il gioco è fatto. Ovviamente dobbiamo SENTIRE le emozioni che i pensieri suscitano in noi. Poi potremo scegliere.
Ma, la sera, prima di addormentarci, è anche più facile: portiamo la nostra attenzione su quello che ci piace, immaginiamo che si realizzi una situazione che desideriamo da un pezzo, immaginiamo che un amico, o una persona cara, si faccia vivo attraverso una lettera oppure una visita. Immaginiamo quell’incontro con tutti i dettagli. Cosa vorremmo sentirci dire? Cos’abbiamo da dirgli? (È solo un esempio, potete immaginare QUALSIASI cosa.)
Se proprio non riuscite ad immaginare, per ora vi è concesso di recitare una preghiera con gratitudine. Non fa mai male.
Ma torniamo ora all’alzare gli occhi al cielo senza giudizio. Allenarsi a non giudicare sarà di un prossimo step più avanzato. Per ora è sufficiente che guardiate il cielo. Con gratitudine, se possibile. Spalancare gli occhi sul cielo stellato è sempre più difficile, dato l’inquinamento luminoso delle città. Ogni casa oggi ha una luce esterna che impedisce di vedere la volta celeste stellata. Tuttavia ci sono persone fortunate che vivono in campagna, nei boschi, che possono uscire per una passeggiata lungomare… e possiamo cercare di imitarle ogni volta che ci è possibile, anche se ci capita solo durante una vacanza, se la sera usciamo solo nei giorni più caldi dell’estate, giusto perché non si riesce a dormire e magari siamo rimasti tutto il giorno chiusi in casa a causa del solleone; in queste circostanze almeno, se proprio non possiamo farlo più spesso, cerchiamo la volta stellata! Se spegniamo le luce e ci avviciniamo alla finestra, si vede la luna? Il cielo stellato? Se vedete solo un muro, una casa, limitatevi a guardare il cielo diurno, quando vi è possibile uscir fuori. Di giorno cerchiamo di confonderci in quell’azzurro che non è azzurro. Alzare gli occhi al cielo ci consente di riappropriarci della nostra dimensione, ci fa sentire piccoli quel tanto che basta per ricordarci che l’umiltà è un valore. Da bambini provavamo stupore sentendo parlare del firmamento, delle costellazioni, dei naviganti che si orientavano guardando le stelle. Guardavamo con stupore il sistema solare simulando il movimento di pianeti e satelliti. Cerchiamo di recuperare quel senso di meraviglia quando vediamo la luna, quando ci appaiono le stelle, o semplicemente quando passa un aereo su cui viaggiano centinaia di persone dirette in qualche parte del mondo. Cerchiamolo questo stupore. Siamo ancora in grado di provarlo? In ogni modo alziamo gli occhi verso il cielo. Non è un’azione scontata. Si può fare anche in compagnia, se abbiamo la buona sorte di poter condividere esperienze affini con un amico o un compagno di vita. O semplicemente con qualcuno che cammina per un tratto al nostro fianco.
Alzando gli occhi al cielo, impariamo ad esprimere la nostra gratitudine per quello che, di buono, ci è arrivato. Meglio ancora sarebbe fare un elenco di più cose per cui proviamo gratitudine. All’inizio dovremo magari cercarle, passando in rassegna la giornata, l’ultima settimana, ma una volta iniziato l’elenco non ci fermeremo più. Anche la sera, prima di addormentarci, elencare i motivi per cui esprimere gratitudine, sentendo profondamente nel cuore questa emozione, ci accompagnerà verso sonni più tranquilli. Lo scopo che ci proponiamo è quello di allontanare il più possibile la paura, che presto si trasforma in ansia e non ci fa dormire. Il metodo è semplice: presteremo attenzione ai nostri pensieri, li filtreremo e ammetteremo soltanto quelli che sceglieremo. Scegliere i propri pensieri è legittimo e utile, perciò scegliamo! Manifestare la gratitudine alzando gli occhi al cielo, come pure ad occhi chiusi, ci consente di spostare la nostra attenzione su pensieri e affermazioni costruttive. Diciamolo: “Sono grato per…”
“Più sei grato, più cogli opportunità utili alla tua crescita, più ti lamenti per quello che ti manca, più perdi quello che già hai. Tu direzioni l’andamento della tua vita attraverso ogni singola scelta e ogni singola scelta viene presa in base alle informazioni emotive inconsce che hai seminato nella tua mente. Semina gratitudine e raccoglierai ricchezze.”(Cristiano Mocciola)
UTILIZZIAMO CIÒ CHE È AVANZATO
Una volta la settimana – diciamo il lunedì, per rendere le cose più facili – preparate i pasti vostri e di tutta la famiglia, se l’avete, utilizzando soltanto gli avanzi, ciò che avete in casa, curando in particolare di far fuori tutto quello che è più vecchio. Non si tratta solo di riproporre il piatto del giorno prima, ma di trasformarlo in qualcosa di speciale, aggiungendo (o togliendo) ingredienti con fantasia. Questo step, che sarà introdotto, diciamo, dalla terza settimana di lavoro, dovrà essere accompagnato, nel giro di un paio di giorni, da un’intervista che rivolgerete ad un’anziana su come una volta, nelle cucine, nulla andava sprecato. In realtà sarà sufficiente chiedere ad una nonnina (ma anche un vecchietto va benissimo) di raccontarvi cosa cucinava quando non c’era quasi nulla in dispensa e non la fermerete più.
C’erano ricette anche per riutilizzare il pane raffermo, oltre gli altri avanzi. Si faceva, per esempio, una meravigliosa torta di pane che piacerebbe anche ai bambini di oggi.
Se riuscite a “mettere le mani “ su una vecchia ricetta del riciclo (chiamiamolo così), scrivetela dettagliatamente – ingredienti e preparazione – affinché tutti possiamo provarla. Siccome questo libro, come vi ho detto, è interattivo, potrete farla conoscere: sarà vostro merito averla ripescata, così potrà essere anche di aiuto nella non inutile battaglia contro lo spreco.
Ci siamo ripromessi di modificare la scala dei valori e questo potrà tornare utile.
Se qualcuno tra voi ne ha la possibilità, potrebbe insegnare ai più piccoli che non ci si deve riempire il piatto se non si è sicuri di poter mangiare tutto: è molto più corretto prendere semmai due volte una razione più piccola. Il rispetto per il cibo, che non deve essere sprecato, è anche rispetto per chi ha cucinato – perché cucinare può essere un piacere, ma è anche un lavoro – e, ancora più indietro, per chi ha coltivato, allevato, spostato per lunghi tragitti quello che è finito nel piatto. Usiamola spesso la parola RISPETTO, perché molti l’hanno dimenticata e i più giovani la conoscono poco. Ho conosciuto persone che quasi non la sopportano, anche solo a sentirla pronunciare. Rispondono con insofferenza. E credo anche di comprenderne il motivo. A maggior ragione abbiamo bisogno di rieducarci al rispetto. Facciamolo, senza timore di essere tacciati per rompiscatole.
Mentre riciclate, mentre create qualcosa di nuovo usando il materiale che avete a disposizione, che è già lì in casa bello e pronto, emozionatevi per quanto sapete essere creativi. Non devono passarvi per la testa sensazioni che richiamino la povertà, il dover riciclare ciò che avete in casa per risparmiare, perché non è così. Sapete bene che non fa la differenza fare la spesa una volta in più o aggiungere qualcosa al vostro carrello. Piuttosto sentitevi onesti perché non assumete l’atteggiamento di chi può permettersi di sprecare, di chi ostenta l’abbondanza che il tenore di vita raggiunto gli consente. Anche voi vivete nell’abbondanza, ma lasciate libero sfogo alla creatività per fare sì che possiate cimentarvi in un esercizio di semplificazione e cogliere un’opportunità.
“Se hai un milione di dollari e non vivi nella gratitudine sei una persona davvero povera. Se hai davvero poco ma sei grato di ciò che hai, sei realmente ricco”. (Anthony Robbins)
Ricapitolando, in questo step abbiamo unito semplificazione e creatività, il che richiede anche una buona dose di valutazione, analisi dei dati, pianificazione… tutte capacità che abbiamo usato tutti quanti in verde età, ma ora teniamo in prepensionamento per comodità. Aspetto che comunichiate sul blog se vi ha dato soddisfazione semplificare ripulendo il vostro frigorifero da ciò che sta lì “perché non si sa mai” e creare la vostra ricetta gourmet.
Il processo di semplificazione tuttavia è appena iniziato e richiede molto impegno perché vi chiederò prossimamente di fare spazio eliminando tutto quello che non vi serve. Tempo ne avete, perché ora che il televisore è spento potrete guardare ben altro. Per esempio: aprite il vostro armadio e gettate uno sguardo panoramico su tutto quello che contiene. Ho sentito dire: “Io lascio tutto lì, poi ci penseranno quelli che verranno”, ma questo non fa per voi: siete assolutamente responsabili dei vostri pensieri e delle vostre azioni nella vostra vita. Gli altri sono le persone che amate, perciò lascerete loro solamente cose buone.
FACCIAMO SPAZIO
Ancora con lo scopo di raggiungere il fine cui ho accennato sopra, introdurremo il quarto step, dopo aver fatto “pulizia” nel frigo. Come abbiamo eliminato gli avanzi trasformandoli in qualcosa di nuovo, così ogni settimana dovremo fare un piccolo esercizio per semplificare: togliere qualcosa significa infatti FARE SPAZIO AL NUOVO. Ma non si tratta, ovviamente, di buttare via un capo di abbigliamento per poi correre a ricomprarlo. Guai! Se mai vi venisse in mente un’idea del genere, dovreste classificarla come “diabolica: lungi da me!”.
Per iniziare, proporrei di fare spazio in un cassetto regalando qualcosa a chi può apprezzarlo, oppure buttandolo via solo dopo averlo trasformato in panni per pulire casa.
Anche in questa circostanza, se riuscirete a dare nuova vita ad un capo (quand’anche abbiate realizzato una semplice salvietta, un asciugamano da cucina,… dovrete esserne fieri!), fate foto e facciamole circolare insieme alle buone notizie.
Fare pulizia è, in un certo qual senso, una forma di meditazione. Avete mai letto “Manuale di pulizie di un monaco buddhista” di Keisuke Matsumoto? Oppure Thich Nhat Hanh, il grande maestro, che ci invita a portare la nostra attenzione su ciò che stiamo facendo, fosse anche il compito più banale come lavare i piatti? In realtà nessuna azione è banale se la svolgiamo in piena consapevolezza. Cosa vuol dire? Pensiamo a quello che facciamo, non permettiamo alla nostra mente di andarsene in giro infilando un pensiero dopo l’altro, saltellando senza criterio e sfuggendo completamente al nostro controllo. Riportiamo l’attenzione sulle nostre mani, sui piatti, sui bicchieri, sulle posate… è lo stesso se riponete tutto nella lavastoviglie: alla fine prenderete in mano ogni piatto, ogni tazzina… anche due volte. Lì tenete ferma la vostra attenzione. Siate consapevoli di ciò che state facendo e basta. Se non altro vi accorgerete, alla sera, di essere meno stressati. E poi chi ha detto che faccia bene essere multitasking? …fare più cose contemporaneamente? È una storia che porta alla deriva, anche se non lo sappiamo. Quando lo capiremo, potrebbe essere tardi.
Abbiamo un duplice scopo: SEMPLIFICARE, sbarazzandoci di tutti quegli oggetti – a partire dai capi di abbigliamento, biancheria, coperte… - che non fanno veramente parte della nostra vita, sono semplicemente riposti in un angolo, solo perché c’è spazio. Se siete indecisi circa la modalità di effettuare la vostra scelta, perché temete di eliminare troppo o troppo poco, mi torna in mente l’esercizio dello zaino, suggerito da Laura Vanni, donna meravigliosa esperta in Medicina tradizionale cinese (vedi pagine web, se vi interessa approfondire), che consiste in questo: se doveste partire con bagaglio leggero, vi portereste quel capo di abbigliamento nello zaino? E quante volte l’avete indossato o comunque usato nel corso dell’ultimo anno? Infine conoscete qualcuno…qualche associazione, per esempio, cui potrebbe tornare utile? Una volta che avrete risposto alle domande, vi sarà più facile prendere la vostra decisione. Se avrete accatastato più indumenti o capi di biancheria sul letto o sulla sedia che di solito usare la sera, sarà necessario procedere con una certa urgenza, per non ritrovarvi nei casini prima di andare a dormire, perciò fate un buon lavoro. Sarete soddisfatti! Quando poi vi dedicherete alle pulizie, potrete procedere con maggiore rapidità. Se i lettori uomini si sentono poco coinvolti, potranno far ordine scegliendo tra i loro attrezzi, tra i materiali che mettono da parte per dedicarsi ai loro hobby… tuttavia prendere in mano magliette, pullover, felpe e quant’altro farà certamente bene anche a loro. In alcuni casi la semplificazione richiede la presenza di due persone, animate di buone intenzioni e della serenità necessaria.
BUONE NUOVE
Lo step delle “BUONE NUOVE” è un’idea che rubo ai ragazzi di Connessioni dal domani, in onda alle 10.30 su Radio Village Network. Tuttavia facendo una ricerca online ho letto che Buone nuove è un podcast di buone notizie nato nel corso dell’emergenza Covid, ma anche una trasmissione, “Il mattino di Radio Italia”, all’insegna delle buone notizie che Savi e Montieri ricercano ogni giorno per regalare agli ascoltatori due ore di allegria e buon umore. Sono sicura che avrei trovato anche molto altro, ma è inutile che vi faccia un lungo elenco. Visto che non saremo i soli a diffondere “buone nuove”, procediamo con fiducia e determinazione.
Ci saranno chissà quante persone nel mondo che, per principio, fanno circolare solo buone notizie ed io, con questo quinto step, vi invito a farlo almeno una volta la settimana, la domenica (o qualsiasi altro giorno sceglierete), dopo che ve le sarete annotate di giorno in giorno.
Dovrete trovarne non meno di CINQUE e dovrete comunicarle a chi volete (figli, amici, parenti, estranei, vicini di casa…) con un grande sorriso. Non ci sono solo cattive notizie, non ci sono solo immagini drammatiche, sconsigliatissime all’ora dei pasti. Imparate a farne a meno piano piano. Durante gli anni in cui sono stata insegnante ho trasmesso ai miei alunni, attraverso la letteratura, la poesia, le pagine di storia… il messaggio di quanto la guerra sia inutile e dannosa per tutti – vinti e vincitori – auspicando, insieme a loro, la risoluzione dei conflitti senza il ricorso alle armi.
Trascrivo una frase di Cicerone, per essere sintetica e non annoiarvi: “Una pace ingiusta è sempre migliore della guerra più giusta”. Quando l’ho letta, mi sono rincuorata. Come è previsto dalla Costituzione, è lecito fare guerra per difendersi, per difendere i nostri figli, i nostri genitori, ma personalmente non condivido che sia lecito entrare in guerra in aiuto di un altro stato. Ovviamente so che molti non sono d’accordo e che la stragrande maggioranza delle persone è indifferente. Ogni passo avanti verso la pace è per me una “buona nuova”, come lo sono le tante storie di solidarietà che toccano il cuore. Se daremo rilievo a queste notizie bilanceremo in parte la negatività. Vi chiedo scusa perché so che mi ripeto, ma sono ostinata e desidero far circolare l’idea che la pace sia imprescindibile per vivere e invecchiare con serenità.
LEGGIAMO
E RIFLETTIAMO
Leggiamo con attenzione il racconto che segue e soffermiamoci sul concetto di “flusso”, sul significato dell’espressione “stare nel flusso”, quindi rispondiamo brevemente alle domande:
Cosa significa per me stare nel flusso?
Descrivo con un esempio il momento della mia vita in cui mi sono sentito più di ogni altra volta trasportato dal flusso e abbandonato con fiducia agli eventi;
Se faccio fatica a stare nel flusso, ad abbandonarmi con fiducia agli eventi, i motivi, secondo me, sono: …
“Essere
nel flusso vuol dire lasciarsi andare a quello che il corpo sa fare,
vuol dire essere motivati perché il pensiero non sta ostacolando la
nostra attività, piuttosto si è messo da parte per farci agire con
sentimento, con il cuore se vogliamo.” (C. Mocciola, AllenaMente)
BUONA LETTURA
THE FLOW
Sentirsi nel flusso – in the flow, dice il Maestro – sembra non sia solo respirare con l’oceano, muoversi leggeri nel vento, radicarsi alla terra… è ancora di più: è diventare il ciclo dell’acqua, sentirsi evaporare, affidarsi all’aria che compone e scompone le nubi, addensarsi nelle vallate o attorno alle cime dei monti in nuvoloni sempre più densi che riversano le gocce sulla terra, rotolare nei ruscelli, saltare con le cascate e scorrere, scorrere fino al mare oppure, talvolta, lasciarsi assorbire dall’aridità delle sabbie, infiltrarsi nelle spaccature, negli anfratti, correre al buio, lontano dalla luce del sole, esprimendo tutta la propria forza, per poi riaffiorare provando stupore dinanzi a quella luminosità abbagliante e al calore via via crescente, che alleggerisce nuovamente le gocce fino a sollevarle, un’altra volta vapore, verso il cielo.
Luisa esce per la prima volta da sola con un ultraleggero. Non le capita spesso e ha deciso di prendere la palla al balzo per seguire a ritroso il fiume Po sino alle Alpi, dove nasce. Da qui raggiungerà Cuneo in breve, per la consegna del mezzo, e tornerà con un amico. Si dirige quindi verso occidente lasciandosi Torino sulla destra ed ecco davanti a lei il fiume che, insieme ai suoi affluenti, ha colmato quello che era in passato un golfo molto ampio ed ora è una distesa pianeggiante o appena ondulata. “Granello dopo granello” le viene in mente, o meglio le suggerisce la mente inconscia, quasi a volerle indicare che, un passo dopo l’altro, si possono percorrere lunghi itinerari, si può arrivare lontano. Non prova più la brutta sensazione di essere bloccata, di avere una palla di ferro al piede che la trattiene, di essere lei stessa una palla al piede. Ora le si aprono vasti orizzonti, come quello che le si profila davanti in questo momento: la corona delle Alpi, maestose, appena appena digradanti verso sinistra, con il Monviso che si erge tra gli altri rilievi. E’ da quella parte che deve andare. In cuor suo, gettando lo sguardo di tanto in tanto al grande fiume, spera di vederlo meno scuro rispetto al lungo tratto pianeggiante, ma solo dopo Saluzzo, quasi all’improvviso, l’acqua è finalmente chiara.
Luisa ha un moto di piacevole sorpresa quando scorge l’Abbazia di Staffarda, perché ricorda di esserci stata in gita scolastica quando frequentava le medie. L’Abbazia, insieme alla Sacra di San Michele, ai laghi d Avigliana e al capoluogo, Torino, erano mete consuete per le gite di un giorno. A Torino, in particolare, ricorda di aver visitato il Museo Egizio, la Basilica di Superga e il Museo della montagna, ma soprattutto il Parco del Valentino, dove gli alunni potevano muoversi in libertà, avvicinandosi curiosi ai negozi di souvenir, spendere qualche migliaio di lire (sembra preistoria!) per portare a casa un tagliacarte, un piccolo elmo assolutamente inutile anche come portachiavi, una clessidra oppure il consueto segnalibro.
I paesi si susseguono lungo la strada zigzagante che porta al Pian del re: riconosce Paesana per il ponte nuovo (il fiume in piena aveva letteralmente strappato via quello vecchio nel 1945), i due campanili e i due cimiteri, testimoni forse dell’antagonismo fra le due borgate nei tempi passati, quando venivano guardati con sospetto, se non addirittura con astio, i giovani che oltrepassavano il fiume ed entravano nei locali oltre ponte per corteggiare le ragazze, oppure si presentavano, rivali ed avversari, alle fiere e alle feste patronali. Questo modo di comportarsi si ripeteva infatti in tutti i paesi abbastanza piccoli da consentire agli autoctoni di tener d’occhio gli “stranieri”.
Paesana è rimasta nel cuore di Luisa fin da quando, ancora bambina, vi trascorse alcune settimane di vacanza “in montagna” per fare passeggiate e respirare aria buona. L’accompagnarono i nonni perché durante l’inverno aveva sofferto di bronchite e l’estate afosa dell’astigiano era stata sconsigliata dal medico di famiglia. Per lo stesso motivo la condussero ogni anno al mare nel mese di giugno. Era stata una bambina fortunata!
Solo dopo aver annotato le vostre esperienze circa il saper stare nel flusso, potrete procedere con le attività delle settimane successive, ma credo non sia più necessaria una cadenza regolare, o almeno mi auguro che ciascuno di voi trovi la propria.
FACCIAMO, quanto più possibile, IMMERSIONI NELLA NATURA. Potrà essere una camminata, una semplice passeggiata, potrete soffermarvi ad abbracciare gli alberi (anche virtualmente, se temiamo che ci prendano per matti), vi prenderete cura di un giardino, semplicemente di un vaso, di una piantina…
Manifestiamo il nostro amore per gli alberi anche solo mentalmente: non saremmo vivi senza di loro e ce ne dimentichiamo, anziché essere grati. Abbiamo visto abbattere alberi per i motivi più svariati, senza giustificazioni, e non ce ne scusiamo mai. Quando vediamo le loro foglie accartocciate per le malattie, non ne proviamo pietà. Eppure a scuola ci hanno insegnato che attraverso il processo di fotosintesi gli alberi ci forniscono l’ossigeno di cui abbiamo bisogno. Il nostro sangue porta in circolo l’ossigeno che abbiamo inalato attraverso l’inspirazione. Andiamo verso le montagne o verso il mare ogni volta che ci è possibile per ritemprarci. Ognuno di voi conosce le condizioni dell’aria nella località in cui vive. Certo non tutti avranno bisogno di questa pratica, ma se mai vi passasse per la testa che voi state bene a casa vostra nonostante si trovi in centro città, prendete in considerazione che il pensiero che vi rassicura sia dettato dalla mente inconscia, che ama la confort zone, e che quindi sia un pensiero sabotante, di quelli che mai vi faranno crescere e fare passi avanti verso la felicità che vi spetta.
Ora parliamo di libri importanti, che magari non avete sottomano, ma che fanno parte di quella biblioteca cui dovrete attingere non necessariamente in senso fisico: i libri sono tantissimi, e starà a voi esercitare il diritto di scelta. Dovrete imparare, infatti, a fidarvi del vostro intuito, che vi porterà comunque ciò di cui avete bisogno.
Vi racconto quello che mi è capitato in questi ultimi mesi, che sono poi gli stessi in cui ho lavorato alla stesura di queste pagine. Avevo letto che, al fine di per pervenire a quella presa di coscienza, che alcuni chiamano “risveglio”, la meditazione comporta tempi lunghi. Attraverso la consapevolezza, la presenza mentale, invece, è possibile ridurre i tempi. Io non ho più molti anni a disposizione, perciò ho immediatamente optato per la seconda via. Ho letto il libro The greatest secret di Rhonda Byrne, che mi ha molto ispirata e ritengo mi sia arrivato al momento giusto perché non l’ho acquista né scelto: era lì tra quelli che l’abbonamento a Prime Reader mi metteva a disposizione. Eh, sì… io credo nelle coincidenze. Rhonda propone alcuni passaggi per entrare nello stato di piena consapevolezza iniziando col domandarsi: “Sono consapevole?” e ci accompagna nel più difficile compito di restare nella consapevolezza, perché la nostra mente ci propone un pensiero dietro l’altro, così diversi, così affascinanti… da distrarci in quattro e quattr’otto.
“La mente subconscia è quella parte che cerca di proteggerci creando abitudini che ci mantengono nella nostra zona di confort” (Roy Martina, Omega Healing). Così ci sentiamo “coerenti”, agiamo come abbiamo sempre fatto e procediamo con il pilota automatico: siamo come quelle auto che si guidano da sole. Abbiamo perso ogni capacità decisionale relativa al nostro percorso, al nostro viaggio.
Questo è il motivo per cui non mi stancherò mai di chiedervi di prestare attenzione ai pensieri sabotanti che vi arrivano.
“Dobbiamo cominciare a diventare OSSERVATORI dei nostri pensieri, in modo da distaccarcene. Questo è l’unico modo per riprenderne il controllo, quindi cominciare a creare la realtà che desideriamo.” (C. Mocciola, Reprogramming)
“Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere questa realtà. Non c’è altra via. Questa non è filosofia. Questa è fisica.” (Albert Einstein)
A questo punto dovrei parlare di Ermete Trimegisto, ma preferisco rimandare l’approfondimento al blog e solo per chi è interessato. Qui mi basta ricordarvi ancora una volta di scegliere con cura i vostri pensieri, di lasciare andare quelli che, essendo negativi, in pratica sono tossici e di soffermarvi su quelli positivi che creano BEN-ESSERE. Se vi sembra difficile , troppo difficile, ricorrete alla preghiera: recitare preghiere “elimina i conflitti mentali inconsci e porta di conseguenza armonia nel conscio.”(C. Mocciola, Reprogramming)
“La fiducia (da FEDE) si esprime a livello fisico come benessere, che è l’esatto contrario dell’ansia.” (Bob Proctor)
So che quando si tratta di cambiare qualcosa nella propria vita tutti, o quasi, ci facciamo prendere dall’ansia, nonostante il proposito di avere fiducia.
“L’ansia è una presenza inevitabile e non sceglie né momento né luogo per manifestarsi e tutti noi in qualche momento la sentiamo in modo intenso.”(C. Moccioli, Il prescelto)
Allora cosa possiamo fare? Per prima cosa teniamo a portata di mano alcuni libri che ci hanno fatto stare bene. “I libri che ci aiutano vanno letti e riletti più volte perché ogni volta che li rileggi ci trovi qualcosa di diverso che non ci avevi visto la volta precedente. E non perché il libro è diverso, ma perché tu sei diverso.[…] Non smettere di migliorarti. La vita non è una destinazione ma un processo costante di evoluzione e miglioramento. Questo principio essenziale ci ricorda che c’è sempre spazio per crescere, imparare e trasformarci.[…] Non smettere mai di cercare la versione migliore di te stesso.” (Idem)
Ma torniamo un momento al De Senectute per leggere e verificare se sia cambiato qualcosa nel corso dei millenni. Diceva Cicerone: “Ho conosciuto molti che non si lamentano d’esser vecchi perché considerano tutt’altro che un dispiacere l’essersi liberati dai vincoli delle passioni e non sono disdegnati da amici e parenti” (“… ego multorum cognovi senectutem sine querella, qui se et libidinum vínculis laxatos esse non moleste ferrent nec a suis despicerentur”). E ancora: “…i vecchi equilibrati che non sono intrattabili né scontrosi, trascorrono una vecchiaia sopportabile” (“Moderati enim et nec difficiles nec inhumani senes tolerabilem senectutem agunt ”). Certo che “[La vecchiaia] nella più grande povertà non può essere leggera neppure per il saggio, per lo stolto non può essere non pesante anche nella più grande ricchezza” (“Nec enim in summa inopia levis esse senectus potest ne sapienti quidem, nec insipienti etiam in summa copia non gravis “). Quindi non è questione di ricchezza o povertà, bensì di saggezza o stoltezza. Scegliamo di essere saggi.
“Le armi in assoluto più idonee alla vecchiaia […] sono la conoscenza e la pratica delle virtù, che coltivate in ogni età, dopo una vita lunga e intensa, producono frutti meravigliosi non solo perché non vengono mai meno, neppure al limite estremo della vita […], ma anche perché la coscienza di una vita spesa bene e il ricordo di molte buone azioni sono una grandissima soddisfazione.” (“Aptissima omnino sunt […] arma senectutis artes exercitationesque virtutum, quae in omni aetate cultae, cum diu multumque vixeris, mirificos ecferunt fructus, non solum quia numquam deserunt, ne extremo quidem tempore aetatis […], verum etiam quia conscientia bene actae vitae multorumque bene factotum recordatio iucundissima est.”)
“[…] Ma anche la vecchiaia di una vita trascorsa nella calma, nell’onestà e nella distinzione è tranquilla e dolce, come fu, secondo la tradizione, quella di Platone, che morì a ottantun anni mentre era impegnato a scrivere, e quella di Isocrate, che dice di aver composto, novantaquattrenne, l’opera intitolata Panatenaico.” (“[…] Est etiam quiete et pure atque eleganter actae aetatis placida ac lenis senectus, qualem accipimus Platonis, qui uno et octogesimo anno scribens est mortuus, qualem Isocratis, qui eum librum, qui Panathenaicus inscribitur, quarto et nonagesimo anno scripsisse se dicit.”
“[…] In realtà, quando esamino il problema fra me e me, trovo quattro motivi che fanno sembrare la vecchiaia infelice. Primo: allontana dalle attività. Secondo: indebolisce il corpo. Terzo: priva di (quasi) tutti i piaceri. Quarto: è a un passo dalla morte.” (“Etenim, cum complector animo, quattruor reperio causas, cur senectus misera videatur: unam, quod avocet a rebus gerendis; alteram, quod corpus faciat infirmius; tertiam, quod privet fere omnibus voluptatibus; quartam, quod haud procul absit a morte.”)
“Analizziamo […] la portata e il valore di ciascun motivo. La vecchiaia ci porta via dalle attività. Quali? […]. Non ci sono forse occupazioni che gli anziani possono svolgere con la mente, anche senza forze fisiche? […] Le grandi azioni non sono frutto della forza, della velocità o dell’ agilità fisica, ma del senno, dell’autorità, della capacità di giudizio, qualità di cui la vecchiaia, di solito, non solo non si priva, ma anzi si arricchisce […]. I vecchi conservano le capacità intellettuali purché preservino interessi e dinamismo.” (“Earum, si placet, causarum quanta quamque sit iusta una quaeque, videamus. A rebus gerendis senectus abstrahit. Quibus? […] Nullaene igitur res sunt seniles quae, vel infirmis corporibus, animo talento administrentur? […] Non viribus aut velocitate aut celeritate corporum res magnae geruntur, sed consiglio, auctoritate, sententia; quibus non modo non orbari, sed etiam augeri senectus solet. […] Manent ingenia senibus, modo permaneant studium et industria.”)
Facciamo qui una breve pausa nella lettura del De Senectute per evidenziare che anche Cicerone sottolineava l’importanza di mantenere degli interessi, uniti ad un dinamismo che mi sento di considerare sia intellettuale sia fisico. Badate che non dovrete fare grandi cose, ma tenere a portata di mano dei taccuini, prendere nota di tutto quello che ritenete possa servirvi a crescere, leggere libri – quelli che preferite - e trascrivere le frasi che vi hanno fatto riflettere. Qualche esercizio fisico e l’attenzione sia al vostro corpo, sia ad eventuali contratture muscolari su cui lavorare, completeranno i vostri compiti quotidiani. Ovviamente dovremo anche tenerci in contatto e confrontarci con cadenza regolare.
Torniamo brevemente agli altri tre motivi che, secondo Cicerone, rendono la vecchiaia infelice: innanzitutto la salute. “Il corso della vita è stabilito e unica è la via della natura e semplice, e a ciascuna parte della vita è stato assegnato un tempo opportuno, in modo che sia la debolezza dei bambini, sia la baldanza dei giovani, sia la serietà dell’età ormai consolidata, sia la maturità della vecchiaia, abbiano un che di naturale che deve essere colto a tempo opportuno.” (“Cursus est certus aetatis et una via naturae , eaque simplex, suaque cuique parti aetatis tempestivitas est data, ut et infirmitas puerorum, et ferocitas iuvenum et gravitas iam constantis aetatis et senectutis maturitas naturale quiddam habeat, quod suo tempore percipi debeat.”)
“Bisogna aver riguardo della salute, praticare esercizi con moderazione, mangiare e bere quel tanto da ricostituire le energie, non da schiacciarle. Non bisogna provvedere solo al corpo, ma molto più alla mente e all’animo; come se in una lampada non versassi più olio, la vecchiaia li spegne. Ma mentre il corpo per lo sforzo degli esercizi si sente pesante, l’animo esercitandosi si fa più leggero.” (“Habenda ratio valetudinis, utendum exercitationibus modicis, tantum cibi et potionis adhibendum ut reficiantur vires, non opprimantur. Nec vero corpori solum subveniendum est, sed menti atque animo multo magis; nam haec quoque, nisi tamquam lumini oleum instilles, extinguuntur senectute. Et corpora quidem exercitationum defatigatione ingravescunt, animi autem exercendo levantur .”)
“Se è vero che la natura o un dio non ha dato all’uomo niente di più bello dell’intelligenza, è altresì vero che niente come il piacere è nemico di questo munifico dono divino.” (“Cumque homini sive natura sive quis deus nihil mente praestabilius dedisset, huic divino muneri ac dono nihil tam esse inimicum quam voluptatem.”)
“Infatti dove domina la passione non c’è posto per la temperanza e nel regno del piacere non può certo resistere la virtù.” (“Nec enim libidine dominante temperantiae locum esse, neque omnino in voluptatis regno virtutem posse consistere.”)
“Non sono i capelli bianchi e le rughe che riescono a conquistare di colpo l’autorità, ma è la vita passata, vissuta con onore, a raccogliere alla fine i frutti dell’autorità.” (“Non cani nec rugae repente auctoritatem arripere possunt, sed honeste acta superior aetas fructus capit auctoritatis extremos..”)
Prima di affrontare l’argomento della morte, ho trascritto anch’io dei pensieri che mi hanno fatto riflettere e ve li propongo:
“Il principio della nostra crescita personale e spirituale inizia dal corpo. Il corpo è la dimora dello spirito, nonché della mente. Mantenere il corpo in salute è indispensabile per ricongiungerci con Dio. Dio, il cosmo, la natura, la Vita! ha scelto di manifestarsi attraverso noi donandoci uno strumento favoloso dotato di gambe, braccia e testa. Se qualcuno ti prestasse la sua macchina per le vacanze, come la tratteresti? Ecco, il corpo devi trattarlo allo stesso modo. Devi averne massima cura.”(blog.esserefelici.com)
“Un pesce è felice solo se rimane nell’oceano, in quanto è figlio dell’oceano. E nell’oceano si disperderà nuovamente quando morirà. L’oceano è l’origine della sua vita e la fine, l’inizio e la meta, l’alfa e l’omega. Separarsi dalle sue acque vorrebbe dire perdersi e vagare nel nulla. Non siamo altro che onde di energia in questo universo di energia. Ci muoviamo in esso, nasciamo e moriamo nella sua eternità. Il tutto ci appartiene, ci dona la vita e la riprende. Comprendere questo ti permette di vivere serenamente perché farai tua la convinzione che nulla di male può accaderti. Sei a Casa, da sempre, per sempre. E invece che dire che Tutto è Uno, forse sarebbe meglio dire che Tutto è L’UNO!”(idem)
“Man mano che ci addentriamo nel nostro mondo interiore accade una bellissima cosa: tutto perde senso. Non fraintendermi. Tutto perde senso perché comprendiamo che tutto è transitorio, persino noi. Di fronte alla morte ogni cosa si riappropria del suo vero valore, non è vero? Se sapessi che tra un’ora morirai, cosa faresti ora? Di sicuro vorrai stare con i tuoi cari o fare ciò che più ti piace fare. Ma non ti preoccuperesti mai della bolletta della luce, della macchina che devi portare al meccanico, del collega di lavoro che è stato scortese… di fronte alla morte tutto si riallinea.
E questo pensiero puoi farlo tuo sin da subito, senza aspettare di sapere che devi morire. La morte può essere una fedele compagna di viaggio piuttosto che una perfida nemica. Solo lei può insegnarci il valore della vita, ci hai mai pensato?”(idem)
“La vita e la morte sono le due facce della stessa medaglia. Tra la vita e la morte ci sei tu. Anche ora che leggi la tua vita si sta consumando, non aumenterà mai. La vita, come la morte, ti appartiene. Sono due doni grandissimi. In molti comprendono il significato della propria esistenza proprio sul punto di morire, ma perché non farlo prima?
Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto – Seneca
Per quanto denaro possiamo avere non possiamo allungare di un secondo la nostra vita. Quando l’entità suprema, Dio, madre natura o come preferisci chiamare l’energia che ci anima, deciderà di staccare la spina, non ci sarà più niente da fare. La morte non scende a compromessi. Il tempo non lo si trova al supermercato, non lo si può comprare. Queste cose le sai già, lo so.
Il tempo è la cosa più preziosa che abbiamo, frase scontatissima, anzi, te la tirano dietro gratis. Ma siamo sicuri di ricordarcelo in ogni istante, in ogni scelta che facciamo, che il nostro tempo è limitato ed è di massima importanza come scegliamo di investirlo? Dubito, e te? Una volta spesa la moneta tempo non avremo più modo di recuperarla. E come sceglieremo di spenderla farà la differenza nella nostra vita. Il tempo si utilizza, non lo si lascia passare senza far niente, vero?”(idem)
“La morte può e deve essere la nostra alleata, la nostra compagna di viaggio. Dimenticarsi della sua eterna presenza è un grosso errore. Essere consapevoli che il nostro viaggio, chiamato vita, ha come unica certezza e punto di arrivo la morte, ci permette di affrontare meglio le paure della quotidianità”(C. Mocciola, Mente grata, vita prospera)
So che avete voglia di chiedermi come mai cito così spesso Cristiano Mocciola… c’è un motivo, in effetti, ed è che usa parole semplici, comprensibili a tutti.
Torniamo a Cicerone con un’ultima citazione: “Rimane il quarto motivo […] l’avvicinarsi della morte […] Infelice il vecchio che, in un’esistenza tanto lunga, non è riuscito a capire che la morte va disprezzata! Bisogna tenerla in nessun conto, se porta all’annientamento dell’anima, o addirittura desiderarla, se conduce l’anima in un luogo di vita eterna.” Semplice, no?
(“Quarta restat causa, […] adpropinquatio mortis […]. O miserum senem qui mortem contemnendam esse in tam longa aetate non viderit! Quae aut plane neglegenda est, si omnino extinguit animum, aut etiam optanda, si aliquo eum deducit, ubi sit futurus aeternus.”)
Infine permettetemi di ricordarvi il Cantico delle creature di San Francesco, in particolare per la parte relativa a Sorella morte, ma vi raccomando di leggervelo e rileggervelo tutto.
“Laidato si’, mi’ Signore, per nostra sora morte corporale,
da la quale nulla homo vivente po' scappare:
guai a quelli che morranno ne li peccata mortali;
beati quelli che se trovarà ne le tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farà male.”
Per concludere:
“Si pensa alla morte come alla fine: la morte è solo un altro inizio. Sei parte di un universo che non conosce né inizio né fine e si eterna anche attraverso la tua energia e l’energia non svanisce nel nulla.” (C. Mocciola, AllenaMente)