Rissa
“Scriva,
per favore, su questo taccuino, tutto quello che può associare a
ciascun titolo…” chiede Anna con gentilezza alla paziente.
“Bastano
poche parole che facciano da promemoria, poi mi racconterà a voce i
particolari.”
“Rissa
- La prima persona che mi è venuta in mente è mia sorella, in
particolare nella circostanza in cui, tra le altre cose, mi ha detto
di non voler condividere con me la cappella mortuaria per tenere
unita la sua famiglia. E poi quell’altra, posteriore di alcuni
anni, in cui mi ha riversato addosso parole dure per un privilegio di
cui ero certamente felice, ma che non avevo cercato. Era successo,
semplicemente.”
“Ancora
qualcosa? Rissa, conflitto, scontro…”
“Risse
vere e proprie erano anche quelle che si svolgevano nei Consigli di
Classe: è successo tanto a Casale quanto a Cassine, e alla fine non
c’erano vinti e vincitori, ma certo qualcuno ne usciva in lacrime
(che in realtà erano lo sfogo per la tensione accumulata,
l’irritazione, il nervosismo che aleggiava ed era palpabile).
“Rissa
mi sembrò, quando ero piccola, la lotta che si svolse sotto i miei
occhi increduli tra mio padre ed un suo amici, un certo Alfio.
Fingevano di sopraffarsi a vicenda ed io ho temuto davvero che
qualcuno potesse fargli male: era l’uomo della mia vita.
“Rissa
quotidiana si svolgeva tra i nostri cani Penny e Dean, due femmine
che di solito giravano tranquille per il giardino, salvo poi
aggredirsi: o meglio era Dean che mordeva Penny sul muso facendola
acquattare per terra per sottometterla – credo – mentre la
poveretta guaiva e mi faceva una pena terribile.
“Forse
si possono definire risse anche alcune sceneggiate che abbiamo messo
su in famiglia: spesso Franco ed io, in tempi abbastanza recenti,
parecchie volte i ragazzi ed io, in tempi più lontani, quando loro
erano bambini non indifesi ed io l’aggressore.”
“Mi
ha detto di avere tre figli. Franco è suo marito, suppongo…”
“Sì,
con Franco alcune volte è finita con un: ‘Basta! Non possiamo più
stare insieme. Ci distruggiamo a vicenda!’ salvo poi continuare
come prima, facendo finta che quelle ultime parole non fossero mai
state pronunciate.
Risse
verbali, sì, ma dolorose almeno quanto quelle fisiche.
“Persone
rissose, invece, ne ho conosciute poche e in questo momento non ne
ricordo proprio.
Mia
sorella però… va tutto bene se non la si contraddice, se la si
lascia parlare dei suoi amici (pochi, e tutte donne) e dei suoi
nemici (tutti gli extracomunitari, le persone di colore, le donne che
indossano i pantaloni stretti con i tacchi alti, che vanno in giro
mostrando abbondanti porzioni del corpo, tutte le prostitute con i
loro protettori, ma soprattutto con i loro clienti, buona parte del
genere umano di sesso maschile, poi coloro che gridano, che sono
volgari, che ‘si lavano poco’, che non puliscono casa tutti i
giorni e via di seguito…) perché lei rispetta le differenze,
purché non le capitino sotto gli occhi. Per il resto è ironica,
simpatica, costruttiva… insomma ha le sue virtù. Le apprezzo,
quelle poche volte in cui ci vediamo.”
Una
grande famiglia
“Proprio
stamattina, appena sveglia, ho ripensato al post su Facebook che mi
hai mostrato e ho cercato di ricostruire l’albero genealogico della
famiglia cui alludevi, molto numerosa ma ahimè oggi ridotta di
parecchi membri da malattie che non hanno lasciato loro la gioia di
veder crescere figli e nipoti. Ne ricordo la matriarca, già in età
avanzata e vedova. Il patriarca lo vidi in fotografia, in
atteggiamento da pescatore con preda, in Sardegna. Anche questa foto
era stata postata.
Primogenito
era un figlio maschio del quale non ricordo la moglie, quindi può
essere che fosse vedovo o divorziato. Si prendeva cura del suo figlio
maschio, ora sposato e padre di una bellissima bambina. Venivano poi
due coppie di gemelle, in cui una sorella era bionda e l’altra
mora. La prima bionda, sposata e madre di una ragazza, ha avuto il
dispiacere di vederla morire di cancro ancor giovane, lasciando tre
figlie, due delle quali gemelle. La mora della prima coppia, invece,
generò due femmine, una bionda e una mora, ma in questo caso non so
se fossero gemelle. Del marito non ho alcun ricordo, anche se ho
capito col tempo che il coniuge acquisito non resisteva a lungo,
perché, di fatto, si ritrovava sposato a ‘tutta la famiglia’,
perciò spesso si dava alla fuga. Confesso che potrebbe essere una
mia malignità.
Quanto
alla seconda coppia di gemelle, la bionda si è sposata ed ha avuto
una figlia. Più o meno era mia coetanea. Purtroppo però né lei né
il marito hanno avuto il piacere di conoscere il nipotino. La gemella
mora numero due ebbe un figlio maschio, oggi credo ancora felicemente
sposato a Venezia, ma fu lasciata dal marito e ricordo che passò
momenti difficili. Spero si sia ripresa.
In
seconda generazione la ragazza bionda si occupa dei due bellissimi
figli. E proprio pensando a lei sono andata in confusione perché
questi giovani li ho visti crescere e, da adolescenti, diventare
adulti, quando hanno avuto modo di diventarlo.
Oggi
non c’è più l’unione che negli anni Novanta contraddistingueva
questo nucleo familiare: la casa che li riuniva – specialmente
d’estate – è stata venduta e tutti i cugini vivono la loro vita
frequentando amici differenti. Forse qualche matrimonio, battesimo o
– ahimè – funerale li vedrà ancora riunirsi, ma quell’intreccio
di relazioni non sarà più così stretto.
Era
proprio così: sposare un membro di quella famiglia comportava
accettare di integrarsi e convivere, almeno per brevi periodi, con
tutti quanti.”