giovedì 13 gennaio 2022

Radici

 


     

     

    Radici







 

Mio nonno usciva tutte le sere – non lo diresti, vero, Camilla? dato che i tempi sono cambiati… - anche d’inverno, con la neve, dopo essersi avvolto nel suo pastrano nero, cappello in testa, mezzo toscano in bocca. Andava al Bar Roma, dove giocava a carte, a scopa: chi perdeva pagava i caffè. Comprava anche delle mentine al Fernet, amare il giusto, che teneva sempre in tasca.

Era contento di avere una nipotina per casa, anche se le femmine non gli erano di aiuto nel lavoro dei campi. Qualche volta io andavo davanti al bue durante l’aratura, così lui guidava l’aratro e lo spingeva giù con forza perché il solco risultasse profondo. Lo aiutavo a girare il fieno, a vendemmiare, ma era poca cosa. Mio fratello neanche questo, perché era delicato di salute.

La sua famiglia faceva Ricci di cognome, ma il soprannome era ‘qùi d’l bò’, ‘quelli del bue’, perché coloro che avevano il bue erano benestanti in un mondo contadino in cui era molto diffusa la mezzadria. Venivano chiamati ‘particular’, perché erano poche le famiglie che possedevano cascina, stalla, terre e vigneti. Certo gli appezzamenti di terra erano frammentati e si doveva camminare un bel pezzo – più di un’ora certamente – per raggiungere i vigneti, ma si era abituati ad andare a piedi.

A mio nonno poi non è mai mancato un paio di scarponi e contro il freddo indossava un corpetto di lana, mutande lunghe sotto i pantaloni, una camicia in flanella, fazzoletto al collo, gilet, giacca e a volte pure la sciarpa. Sempre lo stesso abbigliamento, solo si potevano distinguere gli abiti della feste da quelli di tutti i giorni. Quando ero piccola, mi chiamava ‘sparpaia’, che vuol dire farfalla, forse perché mi muovevo con leggerezza e in continuazione.

Parlava dialetto, ma sapeva leggere e scrivere, anche se non lo si vedeva mai con un giornale o un libro in mano. Quei pezzi di giornale che giravano per casa, finivano nel gabinetto che si trovava in cortile, agganciati ad un fil di ferro. Con rispetto invece erano trattati i pochi libri di cui ho memoria, tutti di stampo religioso o patriottico, spesso biografie di santi o di uomini straordinari.

























4 commenti:

  1. Chi scrive qui, con un fratello? La nonna? Ma la nonna era sua figlia, non sua nipote. O non ho capito nulla?

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  2. Scrivo io, altrimenti non potrei mettere sulla carta i miei ricordi, tuttavia questa parte era inserita nel Volume due, che ora ho messo nel blog perché non sono in grado di dare organicità e farne un volumetto come la volta scorsa. È quindi la continuazione di Scrivo scrivo e ho molte altre virtù: incomincia con The flow e finisce qui. Magari farò una rielaborazione se continueremo a starcene qui in strada fossa. In ogni modo mi vedo bambina nel rapporto coi nonni, ma non riesco a staccarmi dalla visione della nonna Pina e sento mie le ingiustizie che ha sofferto quando voleva continuare a studiare, ma le è stato negato perché la zia Antonietta, maestra, non aveva lavorato neppure un giorno...ecc Diventi la nonna Pina. Tanto è un romanzo!

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  3. Capìto. Non sapevo ci fosse consequenzialità tra i post: ho iniziato a leggere dal più recente e stavo tornando indietro. Ora mi fermo e ricomincio da "The Flow"

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