domenica 2 gennaio 2022

La donna


 

La donna





Cerca Camilla presso la scuola in cui insegna, l’anziana signora che si affaccia alla segreteria con qualche incertezza, anche se l’aspetto elegante e disinvolto rivela un carattere determinato. Chiede che le sia recapitato un messaggio ed esce dirigendosi verso una caffetteria. Le ha dato appuntamento per l’ora di pranzo perché l’ha già vista seduta dietro quella vetrata da sola o in compagnia.

Desidero parlarti dell’incidente in cui è rimasto coinvolto tuo padre”. La firma, semplicemente: Emma. Ormai sono trascorsi dieci anni e non c’è rancore né odio nel cuore di Camilla per quella donna che ha appena intravisto. La raggiunge con altrettanta schiettezza e trasparenza. Le stringe la mano e accetta di ascoltarla.

Ho conosciuto tuo padre sui banchi del liceo. Tu, che sei insegnante, hai di fronte ogni giorno ragazzi che si cercano, si allontanano, creano una sorta di complicità oppure si detestano solo perché diversi per carattere. Noi, tuo padre ed io, abbiamo avuto una storia: un amore adolescenziale che è terminato con l’anno scolastico. Poi ho cambiato scuola. Mio padre lavorava in Questura ed era soggetto a trasferimenti, quando non ne faceva richiesta per motivi personali. L’essere trapiantata in una nuova città, dove non conoscevo nessuno, ha causato in me un periodo di tristezza profonda, di abbattimento, che mi ha tolto la gioia di vivere: mi sentivo sfibrata, stanca, priva di ogni energia, e trascorrevo le mie giornate chiusa in casa. Il quartiere in cui vivevamo non aiutava, così, divenuta maggiorenne, ho deciso di interrompere gli studi e trasferirmi all’estero. Mia madre, che aveva capito, mi sostenne e si scontrò con mio padre aiutandomi ad uscire da quella condizione di empasse: mi sentivo come se le sabbie mobili fossero sul punto di inghiottirmi. Una volta trasferita a Londra ho conosciuto un gruppo di ragazzi che lavorava per Padre Nicolò Ellena, fondatore di una missione in Repubblica Centrafricana.

Aiutando gli altri, senza dubbio in condizioni peggiori delle mie, ho ritrovato me stessa.

Ormai avevo trent’anni. Tuo padre ha collaborato spesso con noi: ci siamo incontrati più volte – mediamente un paio di volte l’anno – e c’è stata tra noi la complicità che può esserci solo tra persone che si conoscono da una vita. Tua madre sapeva di me, ma non ha mai voluto conoscermi. Semplicemente non facevo parte del suo mondo. Certamente ogni volta che sono tornata in Liguria, dove collaboro con il Convento di Monte Carmelo a Loano e il Santuario di Gesù Bambino di Arenzano, che sostengono le missioni della Repubblica Centrafricana – avrai sentito parlare, forse, di padre Aurelio Gazzera a Bozoum e delle sue battaglie – ho telefonato a tuo padre e gli ho chiesto la sua cooperazione. Non sai quanto possono fare persone come lui, come te, persone che hanno delle competenze specifiche, per associazioni che sono prive quasi di tutto.

Quell’incidente è stato davvero strano: un’auto bianca, credo un’Audi, ci ha affiancati più volte, poi improvvisamente ci ha chiuso la strada obbligando tuo padre a puntare dritto contro il guard rail. E’ possibile che siamo stati scambiati per altre persone. Non ho mai capito che cosa sia successo. Il resto lo sai.”


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