domenica 2 gennaio 2022

The Flow


 

 

The flow







Sentirsi nel flusso – in the flow, dice il maestro – sembra non sia solo respirare con l’oceano, muoversi leggeri nel vento, radicarsi alla terra… è ancora di più: è diventare il ciclo dell’acqua, sentirsi evaporare, affidarsi all’aria che compone e scompone le nubi, addensarsi nelle vallate o attorno alle cime dei monti in nuvoloni sempre più densi che riversano le gocce sulla terra, rotolare nei ruscelli, saltare con le cascate e scorrere, scorrere fino al mare oppure, talvolta, lasciarsi assorbire dall’aridità delle sabbie, infiltrarsi nelle spaccature, negli anfratti, correre al buio, lontano dalla luce del sole, esprimendo tutta la propria forza, per poi riaffiorare provando stupore dinanzi a quella luminosità abbagliante e calore via via crescente, che alleggerisce nuovamente le gocce fino a sollevarle, un’altra volta vapore, verso il cielo.

Luisa esce per la prima volta da sola con un ultraleggero. Non le capita spesso e ha deciso di prendere la palla al balzo per seguire a ritroso il fiume Po sino alle Alpi, dove nasce. Da qui raggiungerà Cuneo in breve, per la consegna del mezzo, e tornerà con un amico. Si dirige quindi verso occidente lasciandosi Torino sulla destra ed ecco davanti a lei il fiume che, insieme ai suoi affluenti, ha colmato quello che era in passato un golfo molto ampio ed ora è una distesa pianeggiante o appena ondulata. “Granello dopo granello” le viene in mente, o meglio le suggerisce la mente inconscia, quasi a volerle indicare che, un passo dopo l’altro, si possono percorrere lunghi itinerari, si può arrivare lontano. Sono passati mesi, ormai, da quando le è stata diagnosticata la distrofia, e, dopo la lotta iniziale che l’ha sfibrata, ha accettato finalmente quella nuova condizione che mai avrebbe immaginato per il suo futuro. Ha iniziato nuovamente a vivere e a fare progetti: non prova più la brutta sensazione di essere bloccata, di avere al piede una palla di ferro che la trattiene, di essere lei stessa una palla al piede. Ora le si aprono vasti orizzonti, come quello che le si profila davanti in questo momento: la corona delle Alpi, maestose, appena appena digradanti verso sinistra, con il Monviso che si erge tra gli altri rilievi. E’ da quella parte che deve andare. In cuor suo, gettando lo sguardo di tanto in tanto al grande fiume, spera di vederlo meno scuro rispetto al lungo tratto pianeggiante, ma solo dopo Saluzzo, quasi all’improvviso, l’acqua è finalmente chiara.

Luisa ha un moto di piacevole sorpresa quando scorge l’Abbazia di Staffarda, perché ricorda di esserci stata in gita scolastica quando frequentava le medie. L’Abbazia, insieme alla Sacra di San Michele, ai laghi d Avigliana e al capoluogo, Torino, erano mete consuete per le gite di un giorno. A Torino, in particolare, ricorda di aver visitato il Museo Egizio, la Basilica di Superga e il Museo della montagna, ma soprattutto il Parco del Valentino, dove gli alunni potevano muoversi in libertà, avvicinandosi curiosi ai negozi di souvenir, spendere qualche migliaio di lire (sembra preistoria!) per portare a casa un tagliacarte, un piccolo elmo assolutamente inutile anche come portachiavi, una clessidra oppure il consueto segnalibro.

I paesi si susseguono lungo la strada zigzagante che porta al Pian del re: riconosce Paesana per il ponte nuovo (il fiume in piena aveva letteralmente strappato via quello vecchio nel 1945), i due campanili e i due cimiteri testimoni forse dell’antagonismo fra le due borgate nei tempi passati, quando venivano guardati con sospetto, se non addirittura con astio, i giovani che oltrepassavano il fiume ed entravano nei locali oltre ponte per corteggiare le ragazze, oppure si presentavano, rivali ed avversari, alle fiere e alle feste patronali. Questo modo di comportarsi si ripeteva infatti in tutti i paesi abbastanza piccoli da consentire agli autoctoni di tener d’occhio gli “stranieri”.

Paesana è rimasta nel cuore di Luisa fin da quando, ancora bambina, vi trascorse alcune settimane di vacanza “in montagna” per fare passeggiate e respirare aria buona. L’accompagnarono i nonni perché durante l’inverno aveva sofferto di bronchite e l’estate afosa dell’astigiano era stata sconsigliata dal medico di famiglia. Per lo stesso motivo la condussero ogni anno al mare nel mese di giugno. Era stata una bambina fortunata!


 



















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