“Sembra impossibile che la morte di un cane lasci un vuoto così grande nel cuore del suo padrone, tanto che questi si sente incompleto. Ma è più facile comprenderlo quando è la morte del padrone a suscitare nel cane, che gli è legato da fedeltà, oltre che da un amore smisurato, un comportamento di paziente attesa, veglia, tenera ricerca e ostinato legame: tu sei l’unico essere vivente cui mi sono legato e ora che non sei qui come (tutti) gli altri giorni, ti aspetto perché mi manchi, conto sulla tua fedeltà e sento che ci sei.
Accettiamo che il cane senta la presenza del padrone – o meglio del suo migliore amico – anche se non è fisica. Ci sta bene che ne avverta l’arrivo quando ancora non è in vista e non si può sentire alcun rumore. Siamo disposti ad ammettere che ne percepisca le vibrazioni e le onde quando si muove, ma anche quando sta fermo e cambia semplicemente umore. Certo che capisce quello che gli dico! Ma, andando oltre, capisce anche se sto bene, se sto male, se sono triste, se sono felice, solamente alzando il muso verso di me. Il suo sguardo è centrato, sta su di me penetrante, riflessivo, paziente e, sì, è lui il “padrone” della situazione. Io, uomo, nella mia superficialità che emerge nonostante gli sforzi di consapevolezza, disattento perché preso da impegni che non sono tali, che mi distraggono semplicemente dal mio essere centrato – che poi è quanto perseguo o vorrei perseguire da una vita! – quando “torno in me” chiedo scusa mentalmente e cerco di farmi perdonare con una coccola in più, ma lui sa e scodinzola, prima ancora che allunghi la mano o mi muova verso di lui. Sa, perché sente, è presente, veglia su di me con quel suo sguardo che, anche quando pare addormentato, non mi perde un attimo, quasi fosse un radar.
Sa perfettamente qual è il suo ruolo, e il suo posto; non conosce il disagio, la vergogna, il rancore, l’insofferenza… E conosce il dolore: lo si vede nella profondità di quegli occhi buoni; del dolore accetta che abbia un senso, per questo siallontana, si isola quando lo avverte, è disposto a coinvolgermi solo se sono io a volerlo. Conosce la pazienza e la tenerezza, specie nei confronti dei cuccioli – di tutti i cuccioli – perché ne condivide la capacità di affidarsi, di sognare, di giocare.
Perché il cane è sempre pronto a giocare col suo padrone e non viceversa. Quando perdiamo la voglia di giocare? Forse quando ci dimentichiamo che è mille volte meglio giocare col nostro cane, in spiaggia, sul prato, sul tappeto, piuttosto che chattare, fotografare, pianificare, compiere insomma atti poco sensati, ma dettati dalla moda. Perché qualcosa di giocoso, magari senza senso come saltare o fare una corsa improvvisa o tirare una palla, un sassolino, un bastone, ci fa sentire fuori luogo? O fuori ruolo? Ci siamo dimenticati che il nostro unico compito è essere felici qui – in questo preciso luogo – ed ora – in questo preciso momento -? Forse ce ne siamo dimenticati, ma lui lo sa ed è qui per ricordarcelo. Anche se non c’è più.”
Anna ha appena riletto la mail che ha scritto di getto non appena ha saputo che Emma, la donna dell’incidente, ha perduto il suo migliore amico, nonostante la lunga e difficile operazione cui ha voluto sottoporlo – estremo tentativo – e che purtroppo non è servita a salvargli la vita. E’ successo proprio il giorno di Sant’Antonio, protettore degli animali.
La invia anche se si rende conto che non sarà di alcun conforto leggere parole buttate giù di getto, quasi in risposta all’annuncio doloroso che ha avuto modo di leggere su Facebook. Non è mai stata brava a manifestare il proprio dolore o a stare vicina alla persona che ha subito una perdita. Si rende conto che questo disagio cozza con la sua professione e ne soffre, tuttavia è solita chiudersi in un riserbo che si augura possa essere scambiato per rispetto del dolore. Ricorda di avere imparato, sui banchi di scuola, che molti popoli, in diverse epoche, usavano esprimere il dolore con lamenti altisonanti, gemiti, espressioni colorite e rumorose. C’erano donne pagate appositamente per guidare, durante le cerimonie funebri, il coro delle lamentanti, non sempre addolorate, più spesso volte ad esprimere un’usanza ed un costume rituale. Quando poi le era capitato di assistere, anche indirettamente, alla recita del rosario e delle litanie accompagnate da lamenti, il disagio si era trasformato in disappunto e aveva detestato questa usanza. Addirittura, oltre a non offrire il proprio sostegno, in linea di massima evita di partecipare persino alle cerimonie funebri: non riesce a trattenere le lacrime e non si avvicina ai congiunti per porgere le condoglianze, perciò preferisce rinunciare.
In passato, invece, il suo rapporto con la morte era stato più naturale, perciò considerava le cerimonie funebri come un saluto al defunto che veniva accompagnato alla sua ultima dimora da tutti gli amici e conscenti. Per fortuna lacremazione, che fino a qualche decennio prima veniva rifiutata in nome della presunta resurrezione della carne, ora era una pratica sempre più diffusa ed Anna sognava che un giorno ciascuno avrebbe potuto decidere se le proprie ceneri dovessero tornare alla terra, all’acqua, insomma alla Natura. Quegli enormi cimiteri cittadini, che obbligavano all’acquisto di un loculo per una manciata di anni, le erano sembrati, da sempre, un’ulteriore forma di speculazione, in cui i ricchi potevano ancora ostentare il loro potere. E le tombe abbandonate, anche solo per l’estinzione di un ramo dell’albero genealogico, le mettevano davvero tristezza con i fiori di plastica stinti, le ragnatele e i calcinacci che si staccavano dall’intonaco.
La morte ci rende tutti uguali, “falcia tutte le erbe del prato” – aveva sentito recitare in passato – ma… quando mai? in un mondo dove un defunto può essere occultato per continuare a riscuoterne la pensione? Che fine hanno fatto il culto degli antenati, il rispetto per gli spiriti degli avi, la devozione nei confronti di chi è vissuto in odore di santità?
Queste le riflessioni di Anna mentre viaggia in treno da Lione a Torino. Certo che non è giornata! E’ pomeriggio, ma il cielo appare scuro per le nuvole, caratteristiche di un’area ciclonica che sembra accompagnarla, grigio e cupo. Non vede l’ora di cambiare convoglio e di avvicinarsi alla casa piena di colori che l’attende.
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